Il culto di San Matteo sul Gargano è documentato a partire dal sec. XVI. Probabilmente nel 1578, quando nell'antico monastero giunsero i Frati Francescani, la reliquia di S. Matteo, un dente molare, era presente già da diversi decenni, portata da Salerno. Intorno a questa reliquia in tempi brevissimi si costituì un forte movimento devozionale tuttora molto vivo. Il culto popolare di San Matteo qui si colora dei vividi e fantasiosi elementi derivanti dalla cultura agricola e pastorale tipica della Capitanata e del Gargano. La gente rimane impressionata dalla potenza taumaturgica del Santo che trova adeguata documentazione nelle oltre seicento tavolette votive superstiti, delle migliaia che si sono accumulate nei secoli e che purtroppo sono andate perdute.
Il potere taumaturgico si esprime soprattutto nella benedizione con l'olio della lampada che arde dinanzi al sacello del santo. La benedizione fu usata dapprima sugli uomini morsi da cani rabbiosi, poi anche sulle persone che avevano subito offesa dagli animali domestici e, infine, sugli stessi animali domestici posti sotto la speciale protezione del Santo. Così San Matteo, Apostolo ed Evangelista, divenne protettore dei contadini e dei pastori, delle pecore, dei buoi e degli attrezzi agricoli ma soprattutto dei cavalli. Tutte le stalle della zona hanno tuttora l'immagine del santo alta sulle mangiatoie. Era frequente, fino al 1965 circa, il feudale omaggio dei contadini che offrivano le primizie dei raccolti, il primo agnello del gregge, il primo maialetto e perfino il primo puledro.
Molti contadini usavano dare il nome di Matteo ai puledri. Al Santo era intitolata la grande fiera del bestiame che si teneva a San Marco in Lamis il 21 settembre, giorno della sua festa La fortuna di San Matteo nelle grandi città agricole della Capitanata trae origine da questo patrocinio. L'area di diffusione del culto di San Matteo nella Capitanata è riconoscibile anche attraverso le molte chiese intitolate al santo e le molte edicole erette nei vicoli e nelle piazze.