Il Santuario di San Matteo è uno dei pochi complessi monastici della Capitanata che siano stati sempre ininterrottamente abitati da famiglie religiose per tutta la loro lunga storia. Fondato dai Benedettini fra IX e X secolo, nel 1311 passò ai Cistercensi, e nel 1578 ai Frati Minori. Ogni famiglia religiosa ha apportato modifiche allargando o restringendo, sopraelevando, mutando prospettive e funzioni. La soppressione degli Ordini Religiosi del sec. XIX allontanò per qualche tempo i Frati Francescani. La proprietà del Santuario passò allo Stato e, poi, al Comune di San Marco in Lamis. In questo breve lasso di tempo si apportarono altre modifiche. Nel 1905 i Frati tornarono a San Matteo, e ne ridivennero proprietari nel 1933 in seguito alla donazione che fece il Comune di San Marco.
Il lavoro di restauro a cui il Santuario fu sottoposto in modo sistematico dal 1975 in poi fu dettato, tra l'altro, dall'esigenza di restituire alla conoscenza, per quanto possibile, i segni della sua millenaria evoluzione. È stato evidenziato così un importante complesso di tracce. Il Santuario è diventato una sorta di libro aperto la cui scrittura, non ancora terminata, impegnerà ancora a lungo. Le pagine di questo libro riportano solo elementi parziali, spesso fra loro incoerenti e temporalmente lontanissimi. Ogni elemento scoperto rimanda ad altri non ancora affioranti ma la cui esistenza viene percepita come indispensabile per dare senso al tutto. Ogni conoscenza porta quindi con sé l'esigenza di nuove scoperte al fine di dare al tutto una sistematicità storica e spirituale.
I lavori di restauro, a cominciare dal 1975, interessarono gran parte del Santuario, in particolare la chiesa, la sacrestia, la cappella delle confessioni, la cucina e il refettorio piccolo, la sala della fraternità e, in questi ultimi tre anni, i contrafforti nord occidentali col grande fornice di accesso, la parete esterna meridionale della chiesa e il corridoio d'ingresso al Santuario. I lavori fruttarono, tra l'altro, una piccola ma preziosa raccolta di frammenti medievali costituiti da fregi, epigrafi, piccole sculture, frammenti pittorici ritrovati come pezzi erratici o nascosti in materiali di riempimento. Questa raccolta è stata già più volte oggetto di accurati, anche se parziali, studi.
L'edificio conventuale e le raccolte in esso conservate possono essere intese come una grande sintesi delle due fasi della lunga storia di questa realtà religiosa: la prima, benedettina e cistercense, finita nel 1578, e la seconda, francescana, dal 1578 in poi. Queste due fasi, esplicitate dalla doppia denominazione del monastero, San Giovanni in Lamis e San Matteo, ancora oggi rappresentano il duplice rapporto che questa casa religiosa ha avuto, e tuttora ha, con le popolazioni del Gargano e della Daunia in genere. Il nome originario del Santuario, che persiste tuttora nei documenti liturgici, è San Giovanni in Lamis. In seguito all'arrivo della reliquia di San Matteo, alla metà del sec. XVI, fu chiamato "San Matteo", e poi, con l'affidamento ai Frati Minori nel 1578, ebbe il suo nome definitivo di Santuario di San Matteo.
Da una parte, quindi, San Giovanni in Lamis, monastero benedettino e cistercense, realtà spirituale eccelsa densa di contemplazione e di preghiera, ma anche ente feudale, arroccato in alto, dove bisogna arrivarci per offrire il proprio omaggio, dotato di enormi possedimenti, affidati a vassalli e servi della gleba. E dall'altra Santuario di San Matteo, reso domestico dalla nuova spiritualità francescana, dalle vie di comunicazione, dall'esigenza della preghiera e dell'intercessione del santo, dal fluire dei pellegrini. Di San Giovanni in Lamis resta il vasto e autorevole impianto abbaziale le cui splendide tracce si possono ammirare nel Lapidarium medievale sotto forma di raffinati ornamenti architettonici; resta la posizione alta sull'abitato di San Marco in Lamis, arroccata a mezza montagna a guardia della strada, la Via Francesca dei documenti, che dall'ampia porta occidentale del Gargano, sale dalla pianura verso l'interno del Gargano meridionale costellato di abbazie, santuari e romitaggi.
Restano i suoi privilegiati rapporti con le città di San Giovanni Rotondo e San Marco in Lamis, non più soggette per vincoli feudali ma ancora legatissime da vincoli spirituali e di amicizia. Il nome di Santuario di San Matteo indica invece una storia fatta di rapporti umani e religiosi, liberi da pastoie giurisdizionali; rapporti quotidiani, minuti, con gente di bassa condizione sociale ed economica, prima di tutti contadini e pastori, artigiani, boscaioli, perpetuamente alle prese con l'esigenza di salvarsi l'anima e di sopravvivere alle angherie dell'esistenza. Il complesso dei beni culturali di San Matteo abbraccia il vasto arco temporale che va dal Paleolitico superiore fino ai nostri giorni. Propone, quindi, alla nostra conoscenza un quadro ampio dell'attività e degli interessi, soprattutto religiosi, delle popolazioni del territorio che va dai manufatti litici e fittili delle epoche antiche, alle preziose sculture medievali, alle splendide edizioni del Quattrocento e del Cinquecento, ai raffinati paramenti sacri dei sec. XVI, XVII e XVIII, ai dipinti devozionali, alle statue, alla splendida collezione delle tavolette votive.
I Beni Culturali di San Matteo rispecchiano soprattutto la storia del Santuario negli ultimi cinque secoli, caratterizzata dall'umile e quotidiano fluire della vita. E se dalla loro visita è facile arguire che essi non sono frutto di donazioni importanti, vestigia prestigiose dei grandi della terra, è altrettanto facile ravvisare la preziosità della dedizione e della devozione delle genti garganiche e daune.